Umanizzazione nella sanità e nel sociale

Ecco di seguito un mio recente intervento pubblicato sul periodico dell’associazione Afmu della provincia di Treviso:

“La persona al centro del sistema di welfare, in cui il fattore umano  diventi sempre più uno stile, una prassi, il segno di una acquisizione definitiva di civiltà e di sensibilità, di valori e di traguardi positivi. E’ un tema delicato e difficile, anche perché troppo spesso avvertiamo la concretezza di situazioni in cui la persona, il cittadino - a fronte dei principi custoditi nella nostra Carta Costituzionale, nelle più alte dichiarazioni di valori, in vari testi legislativi, atti regolamentari, linee guida - si trova a vivere la sensazione di una trascuratezza, di una cura non appropriata, di una relazione non virtuosa, non compiutamente “umana” all’interno del sistema della sanità e del welfare.   A volte, in pratica, si rischia di vivere esperienze di utente anonimo, quasi terminale di prestazioni e di servizi, senza il rispetto, l’attenzione, la comprensione  e il calore della relazione umana che dovrebbe essere alla base del “prendersi cura” di chi vive sofferenza e disagio.

Umanizzare, quindi, dovrebbe essere la parola d’ordine, il messaggio acquisito, la volontà messa in pratica negli standard aziendali, nelle strategie di welfare, nella comunicazione di prossimità, nel sistema complessivo di azioni in campo sanitario e sociale. Le ragioni dell’umanità, insomma, insieme a quelle delle prestazioni per la salute e l’assistenza. Ma non sempre accade. E anche i problemi di ascolto, di dialogo, di comprensione, di concreta attenzione alle dinamiche associative in campo sociale da parte di alcuni livelli istituzionali, di vari settori della burocrazia, stanno a dimostrare che è ancora lunga la strada verso il traguardo di una piena umanizzazione di rapporti, gerarchie, professionalità, organizzazioni.       

Nell’attuale sistema socio - sanitario - come scriveva in un suo recente volume il dottor Gian Antonio Dei Tos, attuale direttore generale dell’Usl 7 di Pieve di Soligo - si può affermare che “ le dimensioni dell’etica, della qualità e dell’umanizzazione sono i tre pilastri messi a fondamento della struttura organizzativa: l'ottimizzazione del sistema della cura sta proprio nella tensione continua ad integrare questi tre elementi in un'unica strategia organizzativa tesa ad armonizzare l'infinita varietà delle prestazioni erogate al concetto di servizio alla persona”. 

Infatti, se la prospettiva etica consente di delineare le finalità del sistema e di dare consapevolezza dell'orizzonte valoriale a cui vuole tendere l’azione quotidiana, le dimensioni  della qualità  e dell’appropriatezza delle cure e degli interventi  dispiegano  l'orizzonte della reale capacità di soddisfare le esigenze delle persone alle quali sono rivolti i servizi sociali e sanitari, in un’ottica di “governance” complessiva  che comprende i diritti costituzionalmente garantiti  e i livelli istituzionali nazionale, regionale e delle autonomie  locali.

L'umanizzazione - pertanto, a fronte dei primi due obiettivi -  si può definire il grande impegno professionale ed esistenziale, sempre in divenire e mai completamente compiuto, di donare umanità alla pratica clinica e all'organizzazione sanitaria e sociale.  Essa dovrebbero essere l'ispirazione quotidiana nel lavoro in sanità e nel sociale, che chiede di essere continuamente alimentata e sostenuta dal bisogno di riconoscimento dell'ambito specificamente umano della pratica professionale.

L'umanizzazione è un processo che coinvolge tutti, pazienti e operatori, nella tensione a riconoscere ad ognuno il diritto alla propria dignità intrinseca e alla promozione dei valori della persona: in definitiva, è un processo volto a costruire una realtà degna della persona umana, rispettosa e coerente con i valori che essa sente come peculiari e inalienabili.

 La risposta alla sfida dell'umanizzazione non può che essere  uno sforzo comune e condiviso - previsto nelle norme e applicato nella pratica, grazie alla qualità e alla volontà delle persone -  capace di ispirare relazioni autentiche e di orientare la mentalità e l'opera delle istituzio­ni nel senso di un grande rispetto dell'uomo, della sua dignità, riconoscendo che il vero protagonista, la ragione d'essere di tutta la struttura sanitaria, nei luoghi di ricovero e di cura, e dell’organizzazione dei servizi sociali sul territorio è la persona fisica, concreta, nella situazione di fragilità, di ricerca di cura e di sostegno.                                                  

E sono compresi  anche la valorizzazione, la promozione e l’impegno alla stretta collaborazione con l’associazionismo e il volontariato operanti in campo sociale e sanitario, portatori di legittimi interessi e di istanze generali  che possono produrre  - se ascoltate e assunte con dinamiche di vera accoglienza e reciproca stima - effetti positivi sull’organizzazione complessiva del sistema. Infatti, gli obiettivi possono essere raggiunti più facilmente con lo collaborazione di tutti gli attori coinvolti nel mondo della tutela della salute e dell’assistenza sociale, siano essi dirigenti, professionisti, operatori, portatori di interessi, volontari, nella consapevolezza di agire tutti insieme per il bene comune. Servono leggi adeguate, ma soprattutto comportamenti ispirati allo spirito di servizio e alla gentilezza personale, alla trasparenza degli atti e delle prescrizioni, alla comunicazione immediata, facile ed efficace sui diritti e i doveri e gli adempimenti, alla relazione cortese nei momenti della cura e assistenza appropriata, alla ricerca continua di prassi di autentica umanità, che devono essere comunque un patrimonio “standard”, aziendale, non lasciato alle positive ma singole individualità.

Esiste comunque il tema concreto dell’allocazione delle risorse:  infatti, se è pur vero che il bene salute e il bene della tutela sociale delle categorie deboli - dagli anziani alle persone disabili ai nuclei e soggetti  in difficoltà economica - hanno un valore inestimabile, bisogna pur sempre fare i conti con l’attuale penuria di risorse pubbliche, dovuta  alla congiuntura economica, ai deficit di bilancio e alla crescita esponenziale di richieste nel settore.

Va ribadito che i meccanismi di raccolta e distribuzione delle risorse rappresentano un modello di società e sottendono principi e visioni, per cui ripensare ai fini della medicina e dello stato sociale significa ripensare ai fini, ai valori e alla cultura che sono a fondamento della nostra società, così come indicato nella nostra Carta Costituzionale. E’ una questione di scelte e di priorità, che la politica deve decidere e assumere con responsabilità, nell’ottica di assegnare primato e centralità alla persona e all’umanizzazione della società, secondo valori di universalità, giustizia e solidarietà”.