Il libro di mons. Visintin, a cura di Otello Drusian, il 21 marzo a Pieve
LE VITE DI SACERDOTI E SEMINARISTI MORTI NELLA GRANDE GUERRA
Tra loro anche i pievigini Lorenzo Bertazzon e Adamo Zambon
Secondo appuntamento del ciclo di tre serate “I Martedì della Grande Guerra” a Pieve di Soligo. Martedì 21 marzo, alle ore 20.45, nell’auditorium Battistella Moccia di piazza Vittorio Emanuele II, presso la Biblioteca comunale, saranno Otello Drusian, curatore del libro, e mons. Pietro Mazzarotto, parroco emerito di Sacile, a presentare il volume “Perché quelli che verranno ricordino. Sacerdoti e chierici militari della diocesi di Ceneda morti in guerra 1915 – 18”, ristampa dell’editrice L’Azione di un testo pubblicato da monsignor Domenico Visintin nel lontano 1919. Nell’occasione gli attori del Teatro Orazero leggeranno alcuni brani del libro con sottofondo di canti del tempo di guerra e proiezione di immagini d’epoca.
Il volume a cura di Drusian è veramente originale e prezioso, una pregevole rarità di valenza nazionale: si tratta del racconto partecipato e vissuto di storie poco conosciute e di giovani vite della comunità diocesana vittoriese perite nella tragedia della guerra, comprese quelle dei seminaristi Lorenzo Bertazzon e Adamo Zambon, nativi di Pieve di Soligo.
Lorenzo Bertazzon, nato a Pieve l’8 agosto 1894 da Valeriano e Pia Masutti, prima scolaro al Balbi Valier e poi allievo del seminario vittoriese, richiamato per la guerra e assegnato al 55° Reggimento Fanteria, fu a Monte Piana, sul Carso e quindi in Albania. Trovò la morte vicino al suo cappellano don Riccardo Zannoni, nel basso Adriatico, l’8 giugno 1916. Adamo Zambon nacque a Pieve il 6 settembre 1900 da Luigi e Giuditta Doimo. Entrato in Seminario nell’ottobre 1913, prima profugo e poi nel Seminario di Montefiascone, fu richiamato per la guerra nell’aprile 1918 e poi assegnato al Reggimento 22° Fanteria a Marina di Pisa. Ammalatosi in viaggio, diretto al fronte, morì di febbre spagnola il 30 ottobre 1918 a Bologna, dove è sepolto nel cimitero comunale. Gli altri nove giovani militari del Seminario di Ceneda caduti in guerra o per cause di guerra furono Augusto Casagrande, don Riccardo Zannoni, don Martino Tasso, don Domenico Vincenzotti, don Agostino Messina, Elio Ferigo, Antonio Polo, Luigi Bellese, Andrea Pascon.
Nel libro – che contiene anche una prefazione dell’allora Vescovo Albino Luciani all’edizione del 1961 – “la paziente e scrupolosa ricerca di monsignor Visintin, vice rettore e insegnante in seminario quando scoppiò la guerra nel maggio 1915, subito mobilitato come cappellano militare, ci offre un vero patrimonio di memorie, così spesso e così presto dimenticate” – scrive monsignor Pietro Mazzarotto nella prefazione.
Il curatore Otello Drusian, appassionato cultore di storia locale e già autore di varie pubblicazioni – ha dedicato proprio a monsignor Domenico Visintin il volume “Il “Vescovo” della Bassa” (2014), e proprio di recente ha presentato la ristampa del libro “ di P. Ludovico Ciganotto “L’invasione Austro – Ungarica a Motta di Livenza e nei Dintorni – Diario 2 novembre 1917 – 4 novembre 1918”.
Nelle tre serate de “I Martedì della Grande Guerra”, introdotte e moderate da Marco Zabotti, coordinatore del progetto “Beato Toniolo. Le vie dei Santi”, sono previsti i saluti del sindaco di Pieve, Stefano Soldan, e di Cristina Falsarella, presidente del Comitato interdiocesano Turismo Religioso.
Attraverso tre libri, “I Martedì della Grande Guerra” narrano luoghi, volti e vite del conflitto mondiale 1915 – 18, per favorire la cultura della memoria e della pace. Sono promotori il progetto “Beato Toniolo. Le vie dei Santi” e il Comitato Turismo Religioso delle diocesi di Belluno – Feltre e Vittorio Veneto, in collaborazione con il settimanale diocesano “L’Azione” e con il contributo del comune di Pieve di Soligo.
Infine, martedì 28 marzo sarà la volta del romanzo storico “La guerra di don Piero”, Ciesse Edizioni, storia di vita in guerra di un cappellano militare padovano, che sarà presentato dall’autore, Renato Costa, insieme al maestro chitarrista Roberto Dalla Vecchia, con animazioni di racconti, voci e musica del tempo della Grande Guerra.
Da ricordare che “La guerra di don Piero” di Renato Costa, già autore del romanzo storico “Tre spari nella notte” (2012), finalista 2017 al Premio Prunola dI Castelfranco Veneto, si è classificato al secondo posto per la sezione narrativa edita. La proclamazione è avvenuta durante la cerimonia finale di premiazione svoltasi lo scorso sabato 11 marzo al Teatro Accademico della città del Giorgione.
Tutte le iniziative si svolgono con l’adesione, il sostegno e la collaborazione di varie realtà aziendali, istituzionali, culturali e associative che condividono la progettualità del percorso “Beato Toniolo. Le vie dei Santi”: Latteria Soligo, Banca Prealpi di Tarzo, Cantina Colli del Soligo, Cooperativa sociale Insieme Si Può, Fondazione Ispirazione, Consorzio Tutela Prosecco DOCG, PER – Percorsi Enogastronomici di Ricerca, Accademia Internazionale dell’Arte Casearia, Associazione Famiglie Rurali Sinistra Piave, Istituto Diocesano per il sostentamento del clero, Ente Ecclesiastico Collegio Vescovile Balbi Valier, Unpli Veneto, Unpli Treviso, Consorzio Pro Loco Quartier del Piave.
(Arv) Venezia 21 feb. 2017 - E’ stato presentato a Palazzo Ferro-Fini il volume ‘La Cantina Colli del Soligo nella terra del prosecco – una storia di Marca –‘ un libro a cura di Marco Zabotti con prefazione del prof. Ulderico Bernardi, che ripercorre sessanta anni di storia della Cantina trevigiana.
Il Presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti sottolinea “gli importanti stimoli offerti da questa pubblicazione, che spiega la nascita del cooperativismo sociale in Veneto, un modello di sviluppo economico che si è radicato nella nostra Regione soprattutto grazie agli insegnamenti del professor Toniolo, capace di riaffermare la centralità della persona umana in economia. Giuseppe Toniolo è stato tra i promotori, alla fine dell’800, di una vasta rete organizzativa cattolica che si è diffusa in modo capillare in Italia settentrionale e in Veneto, dando vita a importanti strutture di carattere culturale, economico e sociale. In particolare, nella seconda metà dell’Ottocento, una decisiva spinta allo sviluppo di un territorio fino ad allora poverissimo, è stata data dalla ‘Rerum Novarum’ di Leone XIII, che vide in Toniolo un grande ma non unico interprete e protagonista. Penso infatti allo sviluppo delle Banche Popolari e delle Casse Rurali cattoliche, sostenute dal Clero, che si sono radicate in particolare nel territorio della Marca, capaci di portare avanti importanti iniziative economiche e di tutela del mondo agricolo; nascono così i caseifici sociali, le società di assicurazione contro la mortalità del bestiame, la società per gli acquisti collettivi e, alla fine del secolo, anche le cantine sociali”. “L’essenza del cooperativismo sociale in Veneto – spiega Ciambetti - si basa su valori fondamentali e imprescindibili, quali il rispetto e la solidarietà tra gli uomini, superando le strette logiche del profitto a tutti i costi. La riconquista dell’etica nel capitalismo moderno ha rappresentato l’unica via percorribile per garantire giustizia, equità, democrazia, libertà, i quattro grandi pilastri senza i quali è impensabile uno sviluppo ecosostenibile, che tenga conto delle esigenze dell’ambiente e dell’uomo, che difenda il territorio, valorizzando le sue specificità e tutelando il cittadino. E’ questo ciò che è avvenuto in Veneto, anche grazie al lavoro delle numerose Cantine sociali, nate e sviluppatesi nel territorio, di cui la ‘Cantina Colli del Soligo’ ne rappresenta un fulgido esempio. Il nostro Veneto è stato capace di mettere al centro del proprio sviluppo socio- economico la centralità del lavoro, della fatica, dell’ingegno dell’uomo nel realizzare prodotti di qualità in un territorio non sempre facile da coltivare e questo è un nostro orgoglio”.
Gianpietro Tittonel, presidente della Cantina ‘Colli del Soligo’ spiega “che il libro racconta la nostra storia, ma non vuole certo essere autocelebrativo, bensì guardare con rinnovato interesse al nostro passato, a dove veniamo, per poter progettare un futuro fulgido mettendo a fuoco nuovi ambiziosi obiettivi da raggiungere. Raccontiamo la storia di tutti i nostri soci, i veri protagonisti di un lavoro che da sempre è incentrato sulla promozione di una agricoltura sostenibile, capace di coniugare qualità dei prodotti, prezzo e sostenibilità ambientale”.
Il Prof. Ulderico Bernardi racconta “come il Veneto, a partire dagli anni Cinquanta, ha subito un profondo cambiamento socio- economico, passando da una condizione di povertà assoluta ad un modello capitalistico, senza tuttavia smarrire una propria identità culturale basata su un ‘humus’ di valori condivisi, quali la solidarietà e il lavoro, l’accettazione e il confronto con gli altri. Il libro offre una rappresentazione globale di un universo fatto di capacità, accoglienza, buon gusto, enogastronomia, rispetto per la natura, uno spaccato del nostro Veneto che ci caratterizza in modo positivo”.
Per il responsabile editoriale Andrea Simionato “il libro offre una fisionomia precisa ad una storia fatta di valori, di cooperazione sociale diffusa in particolare nel territorio della Marca, in cui è molto stretto il rapporto tra turismo e cultura, con sempre più visitatori stranieri che esprimono il desiderio di vivere in prima persona le emozioni che le Cantine sociali, con la propria storia pluriennale di coraggio, fatica ed impegno, possono offrire. Auspico tuttavia che la Regione possa adottare nuove normative di indirizzo politico in materia di editoria”.
Marco Zabotti, curatore del volume, evidenzia “come la zona del Prosecco, della Marca, del Piave, è una terra benedetta e noi abbiamo quindi ben presente il senso del dono e della conseguente responsabilità di gestire bene quanto ci è stato affidato. Il libro racconta sessanta anni della ‘Cantina Colli del Soligo’, una epopea fatta di tenacia, lavoro, pazienza, determinazione nel superare le numerose difficoltà trovate lungo il percorso, ma sempre ponendo al centro la cooperazione sociale, una strada privilegiata per offrire al territorio un concreto riscatto dalla povertà, e con lo sguardo proiettato verso il futuro, alle sfide stimolanti che ci attendono, in primis la candidatura delle Colline di Conegliano Valdobbiadene a patrimonio Unesco, in quanto ‘paesaggio dell’anima’, non solo impreziosito da bellezze naturali, ma anche dalla laboriosità dei propri abitanti”.