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I VOLONTARI DELLA LIBERTA’ RICORDANO ANTONIO TOMASI E ARMANDO BERTI

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Antonio Tomasi e Armando Berti, cittadini molto conosciuti e stimati e importanti referenti locali per la zona di Pieve di Soligo e del Quartier del Piave dell’Associazione Volontari della Libertà di Treviso, sono deceduti in anni recenti, il primo il 12 luglio 2014 e il secondo il 1° maggio 2016.                                                                                                                                     Per iniziativa del vice presidente provinciale, Marco Zabotti, il direttivo AVL trevigiano ha onorato la memoria dei due soci nella giornata di mercoledì scorso 12 luglio unendo la partecipazione dei familiari a quella del gruppo dirigente del sodalizio di Marca, del quale è presidente onorario l’ingegner Clarimbaldo Tognana, 97 anni, il partigiano Aldo comandante della Brigata Treviso, medaglia della Liberazione.  

Lo stesso Tognana, con un gesto di grande attenzione e generosità verso le persone e le famiglie di Tomasi e Berti, ha voluto presenziare alla messa in ricordo dei due soci nel Duomo di Pieve di Soligo, presieduta dall’arciprete monsignor Giuseppe Nadal. Durante la liturgia eucaristica è stata viva e corale la preghiera dell’assemblea in suffragio degli amici defunti e per l’affermazione dei valori di libertà, di pace e di democrazia per tutti.

A seguire, la delegazione provinciale AVL insieme ai familiari – i figli Maria, Carla e Paolo per Antonio Tomasi, la moglie Silvieta e il figlio Flavio per Armando Berti – si è recata nel cimitero di Pieve per rendere omaggio ai soci scomparsi: ha posto sulle tombe un dono floreale con il simbolo del tricolore e ha sostato in raccoglimento e preghiera.

A conclusione, il gruppo si è diretto verso il Collegio Balbi Valier di via Sartori, accolto nella sede dell’Istituto Diocesano “Beato Toniolo. Le vie dei Santi”, prescelto per la profonda espressione di amore e devozione al grande sociologo cattolico Giuseppe Toniolo che ha accompagnato in vita l’impegno culturale e sociale di Tomasi e Berti.

Durante il significativo incontro, Marco Zabotti ha ricordato l’impegno dei due  referenti pievigini nei Volontari della Libertà e il valore della memoria per l’oggi dei principi costituzionali consolidati in Italia grazie alla lotta di Liberazione.                         Sono seguiti gli interventi del presidente AVL Treviso Giorgio Prati, della vice presidente Francesca Meneghin e del responsabile organizzativo Emilio Boscheratto, che hanno manifestato viva riconoscenza per l’opera dei soci Tomasi e Berti e messo in rilievo l’importanza del “non dimenticare” le conquiste di libertà e la democrazia dell’Italia repubblicana sorta dalla Resistenza, anche alla luce di alcuni fatti di attualità che sembrerebbero riproporre i fantasmi dell’oppressione e della dittatura e la tragedia dell’odio razziale.

Anche la partecipazione e il tributo di Adriano Bellè, per vari anni presidente dell’associazione “Amici di don Mario Gerlin”, la presenza in Duomo di Chiara Lucchetta, stella al merito del lavoro e collaboratrice alla “Colli del Soligo”,  e il messaggio e dono di amicizia di Piero De Faveri, vice presidente della stessa Cantina pievigina – a lungo rispettivamente luoghi di stimato impegno sociale e di direzione aziendale trentennale di Antonio Tomasi -  hanno contribuito alla piena condivisione e riuscita dell’iniziativa commemorativa, nel segno dell’affetto e della gratitudine, conclusasi con la foto di gruppo finale.

OPERATORI DEL TURISMO RELIGIOSO, ECCO I PRIMI TREDICI DIPLOMATI

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Le diocesi di Vittorio Veneto e di Belluno – Feltre consolidano l’azione comune per  la promozione del turismo religioso sul territorio, sensibilizzando in questa strategia anche le altre realtà del Triveneto, in particolare per quanto riguarda il tema della formazione e del ruolo essenziale degli operatori.

E’ l’esito in sintesi  dell’importante  incontro  svoltosi il 3 luglio a Vittorio Veneto, nell’aula Ranon del Seminario vescovile, che ha visto riuniti insieme il Comitato Turismo Religioso delle diocesi di Vittorio Veneto e Belluno – Feltre, una delegazione del consiglio direttivo dell’Istituito Diocesano “Beato Toniolo. Le vie dei Santi” e i gli operatori del turismo religioso diplomati nelle scorse settimane al termine del biennio superiore sperimentale messo in campo dalle due diocesi.

Un momento molto apprezzato di conoscenza, dialogo e condivisione sulla progettualità realizzata in questi anni dalle due diocesi, al quale ha presenziato  il Vescovo di Vittorio Veneto, mons. Corrado Pizziolo, che ha avuto parole di stima e di grande considerazione per l’attività di quanti – responsabili, docenti e collaboratori - hanno animato il qualificato percorso di formazione degli operatori nel biennio 2017 – 2015, nelle sedi di Belluno e Vittorio Veneto, sotto la regia del Comitato interdiocesano presieduto da Cristina Falsarella, vice presidente Ivana Faramondi.

“Posso dire che a livello di diocesi del Triveneto – ha osservato il Vescovo Pizziolo - questa esperienza riuscita di visione condivisa e di stretta collaborazione sui temi della cura e promozione dei beni culturali e artistici, degli itinerari nei luoghi sacri e del turismo religioso viene citata a esempio, e mi auguro che possa avere continuità trovando altri allievi in futuro e occasioni concrete di valorizzazione dei diplomati formati nel biennio appena concluso”.  Il presule vittoriese ha anche ricordato la nascita dell’Istituto Diocesano “Beato Toniolo. Le vie dei Santi”, che ha sede presso il Collegio Balbi Valier di Pieve di Soligo, e l’inaugurazione a settembre della nuova casa di accoglienza per i pellegrini nella foresteria dell’Abbazia di Follina, luogo di grande richiamo per i visitatori alla ricerca di bellezza, di silenzio e di spiritualità.

La presidente del Comitato, Cristina Falsarella, direttore dell’Ufficio Arte Sacra della diocesi, ha ringraziato il vescovo Pizziolo per il costante sostegno e ha evidenziato il cammino intrapreso, la soddisfazione per l’esito del biennio, i programmi sviluppati a livello triveneto e la stessa attività di collaborazione con “Vino in Villa”, che ha permesso di vedere all’opera i nuovi operatori del turismo religioso in tanti eventi di arte, di fede e di musica  in dodici chiese aperte in un week-end  tra Vittorio Veneto e Valdobbiadene.  Le ha fatto eco il direttore scientifico e vice presidente dell’Istituto “Beato Toniolo”, Marco Zabotti, presente insieme ai componenti del direttivo Daniela Pastore e Piero De Faveri, che ha sottolineato l’intensa attività del nuovo ente, i risultati di rilievo del convegno interdiocesano del 7 aprile a Pieve di Soligo, le sinergie attuate con i soggetti e le istituzioni del territorio per le “vie dei Santi” e gli appuntamenti in programma con il centenario della morte del Beato Toniolo, da settembre 2017 a ottobre 2018.

Spazio quindi ai tredici operatori diplomati con il biennio superiore - cinque della diocesi di Vittorio Veneto, sette di Belluno-Feltre e una di Concordia – Pordenone -  che hanno anche illustrato i temi principali della tesi di ricerca presentata da ciascuno all’esame finale, di grande valore e interesse dal punto di vista della storia dell’arte e della simbologia cristiana del nostro territorio:                                                             Marta Azzalini, Paola Brunello, Giada Cattelan, Annalisa Cioffi, Alba Facchin, Letizia Lonzi, Elena Maierotti, Tiziana Menegus, Marta Mio, Martina Peloso, Giuliano Ros, Cinzia Tardivel, Lorena Viel.  

 

Alla fine, brindisi insieme e foto di gruppo  (vedi allegato) a suggello della bella riunione. Prossima occasione d’incontro per i corsisti a metà ottobre, con la cerimonia di consegna ufficiale dei diplomi alla presenza dei Vescovi di Vittorio Veneto e di Belluno – Feltre.       

UN GRANDE MOSAICO DI VITA BUONA

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Centinaia di visitatori, un folto gruppo di volontari ed esperti che fanno accoglienza e introducono alla “degustazione”  di bellezza nei luoghi sacri, un affresco autentico  di giovani allievi di associazioni, istituti e licei musicali che accompagnano con le loro ottime esecuzioni  le due giornate di Vino in Villa  2017 immersi nelle colline di Conegliano Valdobbiadene candidate patrimonio Unesco.

Ecco in sintesi immagini e suoni degli “Itinerari del territorio” nel cuore del Prosecco Superiore che l’Istituto Diocesano “Beato Toniolo. Le vie dei Santi” ha realizzato in collaborazione con il Comitato Turismo Religioso delle diocesi di Vittorio Veneto e Belluno – Feltre nel pomeriggio di sabato 20 e nell’intera giornata di domenica 21 maggio, nell’ambito della ventesima edizione di “Vino in Villa”,  accogliendo la richiesta e il progetto di apertura della manifestazione all’ambiente naturale, storico, artistico e religioso espressi dal presidente del Consorzio Tutela Prosecco Superiore DOCG, Innocente Nardi.   

Per il Consorzio Prosecco pievigino è stata la conferma  di un percorso di stima, adesione e sostegno al progetto di cultura e spiritualità, arte e bellezza denominato “Beato Toniolo. Le vie dei Santi”, nato a partire dal 2013 in diocesi di Vittorio Veneto e impegnato a promuovere il territorio e le comunità attraverso la riscoperta e la valorizzazione delle testimonianze del sacro e dei luoghi e volti di santità, a partire da Giuseppe Toniolo, il grande economista e sociologo cattolico sepolto nel Duomo di Pieve di Soligo e proclamato Beato nell’aprile 2012 a Roma.

“E’ un percorso formativo e pratico giunto ormai alla sua quarta edizione, che punta a qualificare operatori culturali volontari per l’accoglienza e le visite nelle chiese – spiega il direttore scientifico dell’Istituto diocesano “Beato Toniolo. Le vie dei Santi”, Marco Zabotti – e che ha da poco concluso anche un corso biennale superiore  per operatori del turismo religioso, grazie alla stretta collaborazione  con la diocesi di Belluno – Feltre”.                                                                                                                                                Negli anni sono state tante le occasioni in cui le diverse persone formate in questo importante servizio sono state all’opera per accompagnare pellegrini e visitatori alla scoperta dei luoghi sacri più belli del territorio, in coincidenza di manifestazioni locali, eventi ecclesiali, appuntamenti culturali e sociali di particolare valore a livello diocesano, in un territorio che abbraccia la Sinistra Piave trevigiana, lo Zumellese, il Sacilese e la zona dell’Opitergino  - Mottense fino a Caorle.  

In questo senso, la collaborazione con l’edizione 2017 di Vino in Villa ha rappresentato un salto di qualità per tutti i protagonisti di questo progetto, curato in particolare da Cristina Falsarella, direttrice dell’Ufficio Arte Sacra della diocesi vittoriese e presidente del Comitato Turismo Religioso di Vittorio Veneto e Belluno – Feltre.  Infatti, chiese parrocchiali, antiche pievi e abbazie, suggestive chiesette collinari del territorio compreso fra Vittorio Veneto e Valdobbiadene – dieci in diocesi di Vittorio Veneto, due in area valdobbiadenese e diocesi di Padova - sono state aperte in contemporanea all’incontro in parole e musica di tanti visitatori, anche stranieri, con l’arte meravigliosa, i segni religiosi autentici e i tesori nascosti conservati nei luoghi sacri delle contrade dell’Alta Marca.                                                                                      La bellezza è stata degustata con dolcezza e senza fretta, quasi come un assaggio che prelude a nuovi viaggi in queste terre  e a nuovi incontri in futuro.                                         I volontari hanno accolto e indirizzato le persone alle sedi e agli eventi, con serenità e gentilezza; gli esperti, dedicati ciascuno ad una singola chiesa, hanno saputo raccontare con passione e bravura i tasselli magari inediti,inconsueti e sicuramente più belli di questo splendido mosaico di fede e di arte; i giovani allievi di istituti, licei e scuole musicali del territorio hanno accompagnato e completato in musica, nei vari concerti programmati, la splendida atmosfera di questo evento fra terra e cielo, attraverso panorami  di verde unico e scenari incantevoli.                                                                                          

 

E’ stato un successo vero, una scoperta felice, un percorso che suggella un’amicizia, un’esperienza di popolo alle radici della sua storia che di certo potrà essere riproposto e rinnovato come “paesaggio dell’anima” e dono di bellezza da custodire per sempre.      

TERESIO OLIVELLI, “RIBELLE PER AMORE”, SARA’ BEATO

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La notizia è arrivata praticamente in tempo reale, a margine di una riunione importante del consiglio direttivo dell’Associazione Volontari della Libertà di Treviso, svoltasi nel capoluogo della Marca alla presenza del presidente onorario Aldo Tognana: Papa Francesco ha autorizzato sabato scorso 19 giugno la promulgazione del decreto che porterà alla beatificazione del giovane docente universitario, alpino e partigiano cattolico Teresio Olivelli, nato a Bellagio (Como) il  7 gennaio 1916 e morto nel lager di Hersbruck  il 17 gennaio 1945, dopo l’ennesimo pestaggio per aver fatto scudo con il proprio corpo a un giovane prigioniero ucraino.                                                                    

 

Grande soddisfazione per la bella comunicazione in tutti i dirigenti dell’AVL trevigiana federata con la FISVL a livello nazionale presieduta dal bassanese Francesco Tessarolo, in particolare per la giunta eletta a inizio 2017 e che vede alla presidenza dei Volontari della Libertà della Marca Giorgio Prati (Treviso), vice presidenti Francesca Meneghin (Vittorio Veneto) e Marco Zabotti (Pieve di Soligo), segretario organizzativo Emilio Boscheratto (Susegana) e segretario amministrativo Donato Antiga (Conegliano).

 

Proprio Teresio Olivelli – citato da Papa Francesco tra gli esempi di santità dell’Azione Cattolica Italiana nel suo discorso del 30 aprile scorso in piazza San Pietro alla festa per i 150 anni dell’Associazione -  è l’autore della famosa preghiera dei “Ribelli per amore”  (vedi sotto), considerata uno dei capolavori della letteratura della Resistenza,  che rappresenta un simbolo importante per tutti i volontari FIVL a livello nazionale, e che viene letta alla fine delle manifestazioni ufficiali in segno di ricordo, omaggio e gratitudine verso tutti i caduti per la libertà.                                                   

 

L’ormai prossimo “beato” Olivelli – le cui virtù eroiche erano state riconosciute dalla Chiesa  il 14 dicembre 2015 – è stato pertanto considerato martire  “in odium fidei”, in odio alla fine, una condizione che conduce agli onori degli altari senza bisogno del riconoscimento di un miracolo.                                                                                                      Giovane credente impegnato con l’Azione Cattolica, la Fuci e la San Vincenzo, sempre molto attivo con la sua profonda dimensione religiosa ed educativa a servizio dei più deboli e indifesi, prima ufficiale degli alpini nella campagna di Russia 1943 e poi resistente contro il nazi-fascismo, venne arrestato nell’aprile 1944 e imprigionato via via in quattro lager, resistendo sempre con fede, fortezza e carità alla repressione e difendendo sempre la dignità e il diritto alla vita di tanti fratelli.

 

Ecco di seguito il testo della preghiera dei “Ribelli per amore”, scritta da Teresio Olivelli.

 

Signore, facci liberi,

Signore che fra gli uomini drizzasti la Tua Croce, segno di contraddizione, che predicasti e soffristi la rivolta dello spirito,

contro le perfidie e gli interessi dei dominanti, la sordità inerte della massa,

a noi oppressi da un giogo numeroso e crudele che, in noi e prima di noi,

ha calpestato Te fonte di libere vite, dà la forza della ribellione.

Dio, che sei Verità e Libertà, facci liberi e intensi; alita nel nostro proposito, tendi la nostra volontà, moltiplica le nostre forze, vestici della tua armatura.

Noi ti preghiamo Signore,

Tu che fosti respinto, vituperato, tradito, perseguitato, crocifisso, nell’ora delle tenebre ci sostenti la Tua vittoria: sii nell’indulgenza viatico, nel pericolo sostegno, conforto nell’amarezza. Quanto più si addensa e incupisce l’avversario, facci limpidi e diritti.

Nella tortura serra le nostre labbra. Spezzaci, non lasciarci piegare.

Se cadremo fa che il nostro sangue si unisca al Tuo innocente

e a quello dei nostri Morti a crescere al mondo giustizia e carità.

Tu che dicesti: “Io sono la resurrezione e la vita”, rendi nel dolore all’Italia una vita generosa e severa. Liberaci dalla tentazione degli affetti: veglia sulle nostre famiglie.

Sui monti ventosi e nelle catacombe delle città, dal fondo delle prigioni,

noi Ti preghiamo, sia in noi la pace che Tu solo sai dare.

 

Dio della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di noi “ribelli per amore”.

Nuova edizione della prima uscita italiana del 1981 - “Comunità come bisogno”, il nuovo libro-manifesto di Ulderico Bernardi

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“Quel senso dell’esistere che la parola Comunità continua a evocare rimane, intatto nella sua valenza originaria. Come bisogno. Come spes unica per salvare l’umanità davanti al procedere di processi implacabili di globalizzazione, ristretta alla sola dimensione tecnologica, economicistica e speculativa, che genera enormi disparità tra l’eccesso e l’indigenza”.                                                                                                                               A trentasei anni dalla sua prima uscita italiana, datata 1981, il noto sociologo, docente e scrittore opitergino Ulderico Bernardi pubblica per la collana di scienze sociali di Jaca Book la nuova edizione del volume “Comunità come bisogno. Identità e sviluppo dell’uomo nelle culture locali”.                                                                                                In questo manifesto-appello di grande valore e attualità sul presente e il futuro della nostra condizione umana, come si evince dalle prime righe sopra citate, tratte dalla nuova introduzione dell’autore, il professor Bernardi sviluppa il suo pensiero  a partire da una preoccupata analisi delle dinamiche culturali e sociali del mondo moderno.                                                                                                                                      “Ci ritroviamo a vivere un tempo – scrive  – in cui ciò che vie esaltato è la precarietà, l’instabilità, insistendo con superbo distacco nell’ignoranza del passato. E questo spiega perché le relazioni fra gli uomini, le generazioni e i continenti siano divenute conclamate occasioni di ostilità, fino a manifestarsi in termini drammatici”.                                Di fronte a una globalizzazione tutta declinata sul versante economicistico e tecnocratico, che non lascia spazio alle dimensione dell’Homo religiosus, dei valori spirituali, del senso di appartenenza, dei percorsi della tradizione e della vitalità della cultura, “sbandamento, sradicamento, incapacità di ritrovare il senso dell’esistere sono mali che tormentano il nostro presente, confondendo e mettendo in stato di sofferenza molti giovani”.                                                                                                       Ecco allora la validità della lezione di ieri e di oggi di Ulderico Bernardi, il suo richiamo alla necessità della memoria come presente del passato, ai più alti insegnamenti di grandi pensatori internazionali e del magistero della Chiesa sul primato dell’uomo nella sua realtà di relazione e di condivisione di opere e destini,  al doveroso recupero di appartenenza, radicamento  e dialogo-scambio con chi è altro da sé attraverso i tre capitoli del volume su “La comunità come valore”,  “Una accumulazione chiamata cultura” e “Per l’identità”.                                                                             Con uno sguardo finale di ottimismo sulla realtà dei sui corpi intermedi, dalla famiglia alle istituzioni, sugli ambiti del dono, sull’apporto del volontariato e su tante esperienze locali di recupero del senso autentico di solidarietà che orientano alla costruzione del bene comune, oltre la crisi che stiamo attraversando, “che è economica nei suoi effetti – spiega Bernardi - ma non nelle cause”, perché tutto “viene dal collasso dell’ambiente culturale, ed è questo che va risanato”.                             “Lo sgomento in cui in cui vive gran parte dell’umanità – sottolinea ancora l’autore nell’introduzione del suo saggio – ha fatto riemergere l’insopprimibile sentimento della Comunità, d’una appartenenza condivisa, di un destino coinvolgente, che è sempre stato parte della cultura umana nelle sue espressioni più concrete, cioè in tutto ciò che viene a formare la cultura universale dell’uomo, che non può sentirsi appagata se non come universo di culture locali. Lo spazio territoriale dove la persona si forma, riceve il patrimonio dei padri, che continuerà a riflettersi ovunque decida di collocarsi in futuro”.     

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