La notizia è arrivata praticamente in tempo reale, a margine di una riunione importante del consiglio direttivo dell’Associazione Volontari della Libertà di Treviso, svoltasi nel capoluogo della Marca alla presenza del presidente onorario Aldo Tognana: Papa Francesco ha autorizzato sabato scorso 19 giugno la promulgazione del decreto che porterà alla beatificazione del giovane docente universitario, alpino e partigiano cattolico Teresio Olivelli, nato a Bellagio (Como) il 7 gennaio 1916 e morto nel lager di Hersbruck il 17 gennaio 1945, dopo l’ennesimo pestaggio per aver fatto scudo con il proprio corpo a un giovane prigioniero ucraino.
Grande soddisfazione per la bella comunicazione in tutti i dirigenti dell’AVL trevigiana federata con la FISVL a livello nazionale presieduta dal bassanese Francesco Tessarolo, in particolare per la giunta eletta a inizio 2017 e che vede alla presidenza dei Volontari della Libertà della Marca Giorgio Prati (Treviso), vice presidenti Francesca Meneghin (Vittorio Veneto) e Marco Zabotti (Pieve di Soligo), segretario organizzativo Emilio Boscheratto (Susegana) e segretario amministrativo Donato Antiga (Conegliano).
Proprio Teresio Olivelli – citato da Papa Francesco tra gli esempi di santità dell’Azione Cattolica Italiana nel suo discorso del 30 aprile scorso in piazza San Pietro alla festa per i 150 anni dell’Associazione - è l’autore della famosa preghiera dei “Ribelli per amore” (vedi sotto), considerata uno dei capolavori della letteratura della Resistenza, che rappresenta un simbolo importante per tutti i volontari FIVL a livello nazionale, e che viene letta alla fine delle manifestazioni ufficiali in segno di ricordo, omaggio e gratitudine verso tutti i caduti per la libertà.
L’ormai prossimo “beato” Olivelli – le cui virtù eroiche erano state riconosciute dalla Chiesa il 14 dicembre 2015 – è stato pertanto considerato martire “in odium fidei”, in odio alla fine, una condizione che conduce agli onori degli altari senza bisogno del riconoscimento di un miracolo. Giovane credente impegnato con l’Azione Cattolica, la Fuci e la San Vincenzo, sempre molto attivo con la sua profonda dimensione religiosa ed educativa a servizio dei più deboli e indifesi, prima ufficiale degli alpini nella campagna di Russia 1943 e poi resistente contro il nazi-fascismo, venne arrestato nell’aprile 1944 e imprigionato via via in quattro lager, resistendo sempre con fede, fortezza e carità alla repressione e difendendo sempre la dignità e il diritto alla vita di tanti fratelli.
Ecco di seguito il testo della preghiera dei “Ribelli per amore”, scritta da Teresio Olivelli.
Signore, facci liberi,
Signore che fra gli uomini drizzasti la Tua Croce, segno di contraddizione, che predicasti e soffristi la rivolta dello spirito,
contro le perfidie e gli interessi dei dominanti, la sordità inerte della massa,
a noi oppressi da un giogo numeroso e crudele che, in noi e prima di noi,
ha calpestato Te fonte di libere vite, dà la forza della ribellione.
Dio, che sei Verità e Libertà, facci liberi e intensi; alita nel nostro proposito, tendi la nostra volontà, moltiplica le nostre forze, vestici della tua armatura.
Noi ti preghiamo Signore,
Tu che fosti respinto, vituperato, tradito, perseguitato, crocifisso, nell’ora delle tenebre ci sostenti la Tua vittoria: sii nell’indulgenza viatico, nel pericolo sostegno, conforto nell’amarezza. Quanto più si addensa e incupisce l’avversario, facci limpidi e diritti.
Nella tortura serra le nostre labbra. Spezzaci, non lasciarci piegare.
Se cadremo fa che il nostro sangue si unisca al Tuo innocente
e a quello dei nostri Morti a crescere al mondo giustizia e carità.
Tu che dicesti: “Io sono la resurrezione e la vita”, rendi nel dolore all’Italia una vita generosa e severa. Liberaci dalla tentazione degli affetti: veglia sulle nostre famiglie.
Sui monti ventosi e nelle catacombe delle città, dal fondo delle prigioni,
noi Ti preghiamo, sia in noi la pace che Tu solo sai dare.
Dio della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di noi “ribelli per amore”.
“Quel senso dell’esistere che la parola Comunità continua a evocare rimane, intatto nella sua valenza originaria. Come bisogno. Come spes unica per salvare l’umanità davanti al procedere di processi implacabili di globalizzazione, ristretta alla sola dimensione tecnologica, economicistica e speculativa, che genera enormi disparità tra l’eccesso e l’indigenza”. A trentasei anni dalla sua prima uscita italiana, datata 1981, il noto sociologo, docente e scrittore opitergino Ulderico Bernardi pubblica per la collana di scienze sociali di Jaca Book la nuova edizione del volume “Comunità come bisogno. Identità e sviluppo dell’uomo nelle culture locali”. In questo manifesto-appello di grande valore e attualità sul presente e il futuro della nostra condizione umana, come si evince dalle prime righe sopra citate, tratte dalla nuova introduzione dell’autore, il professor Bernardi sviluppa il suo pensiero a partire da una preoccupata analisi delle dinamiche culturali e sociali del mondo moderno. “Ci ritroviamo a vivere un tempo – scrive – in cui ciò che vie esaltato è la precarietà, l’instabilità, insistendo con superbo distacco nell’ignoranza del passato. E questo spiega perché le relazioni fra gli uomini, le generazioni e i continenti siano divenute conclamate occasioni di ostilità, fino a manifestarsi in termini drammatici”. Di fronte a una globalizzazione tutta declinata sul versante economicistico e tecnocratico, che non lascia spazio alle dimensione dell’Homo religiosus, dei valori spirituali, del senso di appartenenza, dei percorsi della tradizione e della vitalità della cultura, “sbandamento, sradicamento, incapacità di ritrovare il senso dell’esistere sono mali che tormentano il nostro presente, confondendo e mettendo in stato di sofferenza molti giovani”. Ecco allora la validità della lezione di ieri e di oggi di Ulderico Bernardi, il suo richiamo alla necessità della memoria come presente del passato, ai più alti insegnamenti di grandi pensatori internazionali e del magistero della Chiesa sul primato dell’uomo nella sua realtà di relazione e di condivisione di opere e destini, al doveroso recupero di appartenenza, radicamento e dialogo-scambio con chi è altro da sé attraverso i tre capitoli del volume su “La comunità come valore”, “Una accumulazione chiamata cultura” e “Per l’identità”. Con uno sguardo finale di ottimismo sulla realtà dei sui corpi intermedi, dalla famiglia alle istituzioni, sugli ambiti del dono, sull’apporto del volontariato e su tante esperienze locali di recupero del senso autentico di solidarietà che orientano alla costruzione del bene comune, oltre la crisi che stiamo attraversando, “che è economica nei suoi effetti – spiega Bernardi - ma non nelle cause”, perché tutto “viene dal collasso dell’ambiente culturale, ed è questo che va risanato”. “Lo sgomento in cui in cui vive gran parte dell’umanità – sottolinea ancora l’autore nell’introduzione del suo saggio – ha fatto riemergere l’insopprimibile sentimento della Comunità, d’una appartenenza condivisa, di un destino coinvolgente, che è sempre stato parte della cultura umana nelle sue espressioni più concrete, cioè in tutto ciò che viene a formare la cultura universale dell’uomo, che non può sentirsi appagata se non come universo di culture locali. Lo spazio territoriale dove la persona si forma, riceve il patrimonio dei padri, che continuerà a riflettersi ovunque decida di collocarsi in futuro”.